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Canone Rai, perché un’imposta di scopo finisce nelle casse dello Stato?

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    • Canone Rai, perché un’imposta di scopo finisce nelle casse dello Stato?

      Canone Rai, perché un’imposta di scopo finisce nelle casse dello Stato?

      La norma finisce sotto la lente dei tecnici del Bilancio che avvertono anche dei rischi di possibili contenziosi per la presunzione di possesso dell’apparecchio televisivo.

      Restano ancora forti dubbi sul canone Rai, in particolare sulla volontà del Governo, scritta a chiare lettere nell’articolo 10 della Legge di Stabilità, di destinare il recupero dell’evasione dei prossimi due anni al Fondo per la riduzione della pressione fiscale.
      Un Fondo dove, secondo quanto stabilito dall’articolo 1, comma 431, della legge n. 147 del 2013, vanno a confluire i risparmi sulla spesa pubblica e le risorse derivanti dall’azione di contrasto all’evasione fiscale.
      Questo in altre parole significa che le maggiori entrate del canone, a conseguenza della nuova disposizione che prevede di collegarlo alla bolletta elettrica, andranno a confluire, dal 2016 al 2018, all’erario mentre la Rai non avrà il becco di un quattrino.
      Per i tecnici, “non appare del tutto chiara”, la formulazione della misura nella parte in cui “attribuisce le quote delle entrate del canone di abbonamento già destinate dalla legislazione vigente a specifiche finalità sulla base dell’ammontare delle predette somme iscritte nel bilancio di previsione per l’anno 2016”.
      Il chiarimento, sottolineano “appare opportuno sia al fine di escludere conseguenze pregiudizievoli per l’erario per l’eventualità in cui nell’esercizio 2016 si registrino minori entrate a titolo di canone”.
      Il malumore serpeggia a Viale Mazzini che aveva già lamentato lo scorso anno il taglio di 150 milioni di euro per la spending review, misura drastica che aveva spinto l’azienda a far uscire RaiWay dall’immobilismo (fortunatamente) per quotarla in Borsa.
      Un altro colpo basso da parte del governo?
      Chi pensava che finalmente la lotta all’evasione avrebbe aiutato le esangui casse della Rai, che col nuovo direttore generale Antonio Campo Dall’Orto (amministratore delegato dopo l’approvazione definitiva della riforma, ndr) sta spingendo sui servizi OTT, dovrà ricredersi.
      O si tagliano i super compensi alle star del prime time, che non sarebbe male come idea, o dovrà trovare altri modi per rimpolpare il bilancio.
      Resta però il dubbio: ma si può davvero destinare un’imposta di scopo, qual è appunto il canone radiotv, a diminuire la pressione fiscale?
      Ai sensi dell’art. 27, comma 8, della legge finanziaria per il 2000 il canone è attribuito per intero alla Rai, almeno fino al 6 maggio 2016 quando scadrà la concessione del servizio pubblico radiotelevisivo, ad eccezione dell’1% che spetta all’Accademia di Santa Cecilia.
      La Corte costituzionale, nel ribadire la legittimità dell’imposizione del canone radiotelevisivo, ha chiarito con la sentenza 284/2002, che lo stesso “costituisce in sostanza un’imposta di scopo, destinato come esso è, quasi per intero (a parte la modesta quota ancora assegnata all’Accademia nazionale di Santa Cecilia) alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo”.
      Qualche dubbio ce l’hanno anche i tecnici del Servizio Bilancio di Camera e Senato che chiedono chiarimenti.
      Intanto sull’entità del gettito atteso dall’introduzione del canone Rai in bolletta elettrica.
      Si stima che l’evasione ammonta a circa 500-700 milioni di euro l’anno. A non pagare il canone è il 27% degli italiani mentre quelli che lo pagano sono stati 16,7 milioni nel 2014.
      Parliamo quindi nella migliore delle ipotesi di circa 1,4 miliardi in due anni, che andrebbero all’erario.
      Ma si tratta di stime.
      I tecnici vogliono invece chiarimenti sulla verifica dell’entità del gettito.
      L’ultimo dato certo è quello fornito dalla Corte dei conti, trasmesso alle Camere il 12 marzo 2015, secondo il quale le entrate derivanti dal canone, per il 2013, sono state pari a 1,75 miliardi di euro.
      Ma per il 2015 la cifra è inferiore, se si esclude un allargamento a nuovi contribuenti, in quanto il canone è stato ridotto del 5%. Oggi è di 100 euro contro i precedenti 113.
      Si rischiano contenziosi
      I tecnici vogliano anche avere dati aggiornati in tema di evasione/adempimento e morosità con riferimento sia al pagamento del canone sia a quello delle utenze elettriche.
      In particolare, nel dossier si invita a “verificare se sia tenuto conto dell’impatto sul gettito atteso di eventuali contenziosi in relazione a incertezze applicative che potrebbero derivare dalla nuova presunzione legale di possesso di apparecchio televisivo e dagli obblighi posti a carico di soggetti privati e non privi di rilevanza economica”.
      Intanto dalla Legge di Stabilità appare chiaro che il canone è escluso per smartphone, tablet e pc in quanto il “servizio di radiodiffusione” riguarda solo la distribuzione del segnale audio/video attraverso piattaforma terrestre e satellitare, a meno che il dispositivo non incorpori ‘nativamente’ un sintonizzatore.
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